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venerdì 12 aprile 2013

Leonardo, il Cavallo e il Duca - terza parte


Nell’ultimo quarto del XV secolo, a Milano, l’incontro e la somma delle ambizioni politiche di un Duca magnifico e privo di scrupoli, e quelle di un Genio in cerca di sfide sempre più ardue, generarono uno dei più ambiziosi progetti artistici del tempo. Una storia entusiasmante che proviamo a raccontare, scusandoci con i lettori più eruditi se, da profani qual siamo, incorreremo in qualche svista o inesattezza.

La guerra

Ma il vento della Storia prese a soffiare contro di lui. Appena l’anno successivo Ludovico, in un maldestro tentativo di sottrarsi alla minaccia che il papa Alessandro VI e il nuovo re di Napoli Alfonso costituivano per il suo ducato, favorì la discesa in Italia di Carlo VIII di Valois, il giovane e ambizioso re di Francia, alla conquista del regno di Napoli. Tra le fila francesi c’era anche il cugino del re, il futuro Luigi XII, che vantava diritti su Milano come discendente di Valentina Visconti, e in qualità di pretendente attaccò il ducato.

Le cose andarono come andarono: Carlo VIII con il suo ingente corpo di spedizione arrivò a Napoli quasi passeggiando, ivi giunto, però, dovette subito mollare il colpo per il rapido mutarsi delle italiche alleanze, e svignarsela alla svelta con un ingente bottino per il suo tesoro e un epidemia di sifilide per i membri del suo esercito.

Questa girandola di eventi vanificò l’opera che operosamente aveva preso forma in Corte Vecchia, perché le 160 mila libre di bronzo, quasi 70 tonnellate, destinate alla fusione presero la via del fronte sotto forma di cannoni. Pur senza più il bronzo, che le casse ormai dissestate del Duca non potevano rimpiazzare, e senza il compenso per la non realizzata commessa, Leonardo non voleva mollare il progetto e trasferì il modello in una sua vigna nei pressi di Santa Maria delle Grazie, forse pensando di allestirvi lì le fornaci, in attesa di eventi più favorevoli. Comunque era perfettamente cosciente della complessità dell’opera, tanto da descriversi, nel 1497, come “Lonar fiorentino, che fa il cavallo del duca Francesco di bronzo, che non ne bisogna fare stima, perché ha che fare il tempo di sua vita, e dubito che, per l'essere sì grande opera, che nolla finirà mai”

A Fornovo, nel luglio del 1495, re Carlo in ritirata si scontrò con l’esercito della Lega Santa, e col suo vecchio alleato Ludovico, che poco aveva gradito l’attacco a Novara di Luigi e i suoi francesi solo un anno prima. Carlo perse il bottino ma non l’esercito, che diligentemente si sarebbe adoperato di li in avanti a diffondere il “mal francese” nel resto d’Europa, e guadagnò la via di casa. Giunto in Francia passò a miglior vita (la sua salute era stata sempre così cagionevole!) e Luigi gli successe.

Luigi XII pare avesse proprio un debole per Milano, e appena ascese al trono, nel 1489, riprese la guerra Italica del suo predecessore. Per Ludovico il Moro le cose si misero subito male e dovette tagliar la corda per rifugiarsi sotto l’ala imperiale di Massimiliano I, cui giusto cinque anni prima aveva prudentemente concesso d’impalmare sua nipote Bianca Maria.


Epilogo

Il 9 e il 10 settembre 1499 le avanguardie francesi entrarono a Milano da Porta Vercellina, e si accamparono verso San Vittore al Corpo, non lontano dalle vigne di Leonardo. Per i balestrieri guasconi vedere l’enorme cavallo d’argilla, e farsi prendere dalla libidine di giocarci al tiro a segno dovette essere un tutt’uno. Colpo a colpo il modello fu distrutto. Forse Leonardo fu testimone della guasconata. Si è che subito dopo lasciò Milano.

Ludovico il Moro, però, era un tipo risoluto e poco disposto a farsi spodestare dal primo venuto, fosse anche il re di Francia. Armato un esercito di mercenari svizzeri, nel febbraio del 1500 entrò a Milano, ma la sua stella volgeva al tramonto. Ad Aprile i suoi mercenari lo abbandonarono e lo consegnarono ai francesi. Commentò Leonardo: "Il Duca perso lo Stato e la roba e libertà, e nessuna sua opera si finì per lui".

Morirà nelle segrete di Loches il 17 Maggio 1508.

La forma del Cavallo sopravvisse ai balestrieri. Nel 1501 la chiese Ercole d’Este. Non l’ottenne. E da quel momento nulla si seppe più neppur di lei.

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