
Il cavallo
Nel 1492 Ludovico il Moro decretò di allargare la piazza
davanti al castello, proprio per ospitare il monumento, che per la sua mole non
avrebbe più potuto essere sistemato al suo interno.
Stando ad alcuni, il modello in creta del cavallo era pronto
già nel 1491, ma sicuramente nel 1493, nel laboratorio di Corte Vecchia, i
Milanesi potevano sbalordirsi ammirando un colossale cavallo alto “12 braccia
alla cervice”. In pratica superava i sette metri. Un palazzo a due piani. A
detta dei contemporanei l’opera sarebbe stata addirittura esposta al pubblico.
Restava un dettaglio non da poco: come fondere la statua,
tanto più che Leonardo, sempre disposto ad accettare le più ardue sfide
ingegneristiche, s’era risolto a fondere in un solo getto! Cerchiamo di
spiegare la complessità della sfida.
Leonardo, allievo del Verrocchio, era senz’altro a
conoscenza della tecnica di fusione detta a cera persa. Questa tecnica prevede
la creazione della statua alquanto abbozzata in terra refrattaria, generalmente
argilla, che viene successivamente ricoperta di cera e finemente modellata fino
alla sua forma definitiva. Questo modello viene quindi chiuso in una cappa di
refrattario, e il tutto viene calato nella fossa di fusione. Qui il calore
asciuga il refrattario, asciuga il modello e scioglie la cera, che cola via
attraverso dei fori precedentemente preparati nella cappa. L’intercapedine
lasciata dalla cera sarà successivamente occupata dalla colata di bronzo. Quando
questa si sarà raffreddata, non resta che rompere la cappa e la statua spunta
come dall’uovo di pasqua, pronta per la rifinitura. La fusione a cera persa si
praticava già in epoca classica, ma era caduta in disuso da vari secoli, e ora
gli artisti italiani la stavano riportando in voga.
Con questa tecnica, però, Leonardo non avrebbe potuto
prevedere gli spessori del bronzo, quindi il peso e la quantità di lega
necessaria. Per un monumento di quelle dimensioni era imprescindibile sapere
quanto metallo servisse, per evitare di non averne abbastanza per la colata. In
più il peso doveva essere molto contenuto, per ovvi problemi. Probabilmente il
peso e la sua distribuzione furono determinanti a fargli abbandonare il primo
progetto, senz’altro più epico, ma molto più problematico. Leonardo si mise
all’opera elaborando una nuova procedura, successivamente teorizzata da Vasari
e, con poche varianti, utilizzata ancora oggi.
In questo procedimento il modello d’argilla è esattamente
rifinito, e su di esso si fa un calco in gesso. Aperto il calco se ne ricopre
la superficie interna con cera (grossezza), e vi si costruisce un’anima in
refrattario. Riposizionato il calco dopo aver eliminato la grossezza, vi si
cola la cera. Ciò fatto il calco si elimina, si passa a rifinire la cera, si
ricopre con la cappa di fusione e si procede all’infornata e alla colata come
nel processo a cera persa.
Con questo procedimento Leonardo poteva controllare
direttamente lo spessore del bronzo, che sarebbe stato uguale a quello della
grossezza, e, rapportando volume e densità della grossezza e del bronzo, anche
la quantità di metallo necessaria.
Restava, ancor più arduo, il problema di come effettuare la
colata. Tecnicamente la soluzione più semplice sarebbe stata la fusione in
pezzi separati e poi saldati, ma pare che il semplice non rientrasse nelle idee
vinciane.
Il punto cruciale della colata è quello di mantenere la
temperatura di fusione costante per tutta la durata del processo.
Leonardo aveva studiato due alternative: la prima era porre
il cavallo capovolto in verticale, ossia con le zampe verso l’alto, il secondo
di fonderlo coricandolo su un fianco. Nel primo caso si sarebbe dovuto scavare
una fossa molto profonda che avrebbe rischiato di avvicinarsi troppo alla falda
freatica. L’umidità avrebbe certamente danneggiato l’opera. Inoltre le zampe,
che dovevano essere piene per sopportare il peso della statua, avrebbero potuto
sfondare il corpo vuoto del cavallo.
La seconda soluzione prevedeva di coricare la statua su un
fianco. In questo caso il raffreddamento non uniforme avrebbe reso difficile la
distribuzione del metallo.
Per mantenere la temperatura di fusione Leonardo progettava
d’impiegare più fornaci, e anche qui la fusione in orizzontale sembrava la
soluzione più favorevole. "A dì
20 di dicienbre 1493 conchiudo gittare il cavallo sanza coda e a diacere"
con queste parole Leonardo pare avesse preso la decisione finale, ma
probabilmente continuò ancore a studiare le differenti opzioni.
(continua)
(continua)
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